Alfonso Menna
Alfonso Menna (Domicella, 1890 – Salerno, 1998), in tema di grandi sindaci, è stato il più' importante ed amato sindaco salernitano, primo cittadino per quasi 15 anni.
Veniva dalla pubblica amministrazione, dove aveva ricoperto diverse cariche istituzionali. La sua attività amministrativa iniziò come vice segretario ragioniere al comune di Sarno. Passò quindi al comune di Salerno, vice segretario di sezione, e fu destinato a prestare servizio presso la segreteria generale, e dello stesso comune divenne nel tempo segretario generale. Nel 1954, prima tappa politica per l'impegno profuso per l'alluvione di Salerno, che lo rese amato in città, e gli valse la decorazione di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nel 1956 accettò la proposta della Democrazia Cristiana di candidarsi al consiglio comunale di Salerno e, nonostante un infortunio che lo tenne lontano dalla campagna elettorale, vinse con 7.046 preferenze, quasi il doppio dell'onorevole Carmine De Martino, secondo, che ne ottenne 4.713. Da qui l'inizio di una grande carriera di sindaco di Salerno, durata circa un quindicennio, dal 10 luglio 1956 al 10 ottobre 1970. Rimessa in piedi la città all'indomani dell'alluvione del 1954, fu un sindaco attivo, che recuperò il Castello di Arechi alle vecchie vestigia, il Forte La Carnale, attuò opere di verde pubblico e rimboschimento delle colline forse in memoria della devastante alluvione, creò il Lungomare di Salerno come si vede oggi, e, si impegnò per l'Università di Salerno e sopratutto che fosse allocata in città. La sua Salerno fu chiamata la "Torino del Sud", perché offriva lavoro ai disoccupati delle zone limitrofe. Ai tempi della Salerno capitale, nel '43, era Commissario all'alimentazione, e fu invitato dal Re a Villa Guariglia come ringraziamento delle attenzioni dimostrate ai sovrani "Andai a Villa Guariglia col mio abito migliore. La regina mi venne incontro lentamente, con un lieve sorriso. Mi colpi' la tristezza pensierosa di quel volto e mi sorprese che avesse le mani ruvide come quelle di una donna abituata ai lavori domestici. Erano mani che sembravano rivelare carattere, orgoglioso ma umile. Mi disse: "Mio marito e io sappiamo delle sue premure e vogliamo ringraziarla". Mi regalo' un paio di gemelli d'oro, con lo stemma dei Savoia, proprio gli stessi che portavano i gentiluomini di corte. Poi mi accompagno' dal re e si ritiro'. "Mi apparve un viso emaciato, vecchissimo, come segnato da un'angoscia al di sopra di ogni capacita' di sopportazione. Il re indossava una giacca da camera di raso verde scuro. Quando entrai si alzo' di scatto dalla sedia e giro' intorno alla scrivania con passi brevi e nervosi, venendomi incontro. Mi strinse la mano, dicendo "Grassie! Grassie!", in piemontese. Nient'altro. E ancora "Grassie, grassie!", sei, sette volte. Poi, silenzio. "Era una situazione imbarazzante. Sul tavolo di lavoro vidi un foglio scritto a meta'. Accanto c'era una piccola pila di fogli uguali, con lo stemma di Casa Savoia, zeppi di scrittura fitta e minuta. Gli chiesi se era vero che stava scrivendo le sue memorie. Rispose a voce bassissima, quasi farfugliando: "Si', scrivo, scrivo da mattino a sera...". Il tutto duro' pochi minuti. Tanto che non mi invito' neanche a sedermi. Alla fine mi congedo', ripetendo ancora "Grassie, grassie di tutto". Di lui si racconta che fosse sindaco intransigente, alle sette del mattino già al Comune e che controllasse personalmente chi non lavorava. I detrattori, avversari politici, ne parlano come un despota espressione dei grandi interessi delle famiglie salernitane, ma è rimasto l'uomo che, con l'attuale sindaco De Luca, ha cambiato radicalmente la città. È morto nel 1998 all' età di 108 anni. |