Giovedì 17 Marzo 2011 08:04 |
L'unità d 'Italia passa per la conquista del sud, con l'azione di forza dei famosi 'mille' guidati da Giuseppe Garibaldi. Una rivoluzione interna assistita, guidata, spinta dai garibaldini e dall'abile mano del Conte di Cavour. Al momento della proclamazione del Regno d'Italia, proprio all'indomani della fuga del Borbone Federico II dal Regno delle due sicilie, mancavano ancora i territori del nord-est e Roma. Solo 10 anni di guerra portarono, attraverso la III Guerra d'indipendenza, alla finale conquista di Roma, con la breccia di Porta Pia. Passa quindi per Napoli il primo momento di unità, mai messo in discussione nei successivi 150 anni, pur nella profondità delle differenze tra etnie assolutamente diverse, e grazie anche a quel 'sistema' religioso, il cattolicesimo, e la volontà del Papato di integrarsi alla realtà politica anche se solo nel 1929 con i Patti lateranensi. Ad oggi notevoli differenze rimangono, tra un nord ricco e un pò latifondista, ed un sud all'affannosa ricerca di una propria identità, di una impossibile indipendenza dalle mafie, dal centenario tentativo di trasformazione da realtà agricole prosperose, poi sempre meno ricche, in sistema integrato all'industrializzazione ed alla ricchezza dell'Italia continentale. Nel 1861 si univano due Stati potenti, forti, ricchi, oggi il divario è enorme e tangibile. E un segno importante di questa profonda differenza è il successo della Lega, in questi anni, e della nascita di molti movimenti indipendentisti al sud. Il nostro paese è unito, non si legge nessun vero rischio di divisione in movimenti politici aldilà di slogan e nelle 'minacce' del Federalismo. L'attenzione, però, deve essere massima, ed un serio lavoro infrastrutturale è un serio compito della politica, che deve monitorare crisi e rischi, sempre piu' seri, di divisione socio-economica, politica, di un paese profondamente diverso. Nella coscienza degli italiani il senso di differenza diventa sempre piu' forte, e questa unità ideologica rischia di rimanere tale, in una realtà che vede oggi il nord piu' legato ai paesi dell'est Europa, per fare solo un esempio, che al povero e sofferente sud. La sconfitta di Pomigliano ne è un segno, un'Italia veramente unita avrebbe garantito agli operai della Fiat un trattamento piu' dignitoso. Le dichiarazioni di Napolitano sono vere, oneste, ma passano per un concetto politico, storico, non socio-economico, l'unità proclamata da Benedetto XVI ha una visione prettamente religiosa, identitaria nel fedele rapporto tra il cattolicesimo ed il nostro Paese, ma troppa Italia non si sente piu' tale, ed è questo il fenomeno piu' importante, risolvere la questione meridionale è fondamentale, aldilà di dichiarazioni e sentimenti patriottici. |
Giovedì 17 Marzo 2011 07:47 |
Un messaggio di Papa Benedetto XVI a Giorgio Napolitano in cui il pontefice esalta il contributo del cattolicesimo al risorgimento italiano, segna l'avvio delle celebrazioni per i 150 anni dell'Italia unita. Il messaggio di Benedetto XVI, recapitato dal segretario di Stato Tarcisio Bertone al Quirinale, l'antica reggia dei papi diventata dal dopoguerra la sede della presidenza della Repubblica, conferma la linea scelta dal Vaticano per l'anniversario dell'unita' d'Italia: una linea che aveva portato Bertone a partecipare alla ricorrenza della presa di Porta Pia e che fa dire a papa Ratzinger che la fine dello Stato pontificio, ''rafforzo' il papato''. L'identita' nazionale degli italiani, scrive il Papa e' ''fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche''; e questo ''costitui' la base piu' solida della riconquistata unita' ''. Pur ammettendo le ''lacerazioni'' che il risorgimento produsse nel campo dei fedeli, Benedetto XVI sottolinea che in quegli anni di scontri e rivolgimenti non venne mai meno la ''profonda amicizia tra comunita' civile e comunita' ecclesiale''. La festa vera e propria e' stata aperta in serata da Napolitano, dal palco allestito di fronte al Quirinale, dove il presidente ha assistito alla kermesse organizzata per la ''notte tricolore''. Il premier Berlusconi, in un messaggio, ha parlato della necessita' di ricordare la nascita dello Stato italiano: ''Il valore della memoria, con la celebrazione dei 150/esimo anniversario della nostra unita' nazionale e' oggi una condizione essenziale per consolidare la nostra democrazia, per rafforzare la coesione nazionale e per affrontare le sfide del domani''. Sfide che il premier vede anche nella valorizzazione delle differenze e delle diversita' dell'universo italiano, ma sempre - avverte - nel rigoroso rispetto dell'unita' dello Stato nazionale. Il clou delle manifestazioni e' in programma per oggi, con una serie di appuntamenti che culmineranno nel discorso di Napolitano a Montecitorio di fronte al parlamento riunito per l'occasione. Sulla riuscita della celebrazione aleggia pero' l'incognita della Lega Nord, tentata da clamorose defezioni. Dopo aver movimentato le cerimonie ufficiali dei consigli regionali in Lombardia e in Emilia Romagna, dove i rappresentanti del partito di Bossi sono usciti al momento dell'esecuzione dell'inno di Mameli, la Lega si prepara a fare il bis alla Camera. Se Bossi ha fatto sapere che non manchera' alle celebrazioni a Montecitorio per rispetto al Napolitano, i capigruppo Reguzzoni e Bricolo hanno preannunciato che loro non ci saranno: il primo, per spiegare i motivi dell'assenza, ha detto che, essendo chiusi gli asili, restera' a casa con il figlio. Le voci raccolte in ambito leghista non lasciano spazio all'ottimismo: si parla della presenza dei ministri e di una ristrettissima delegazione di parlamentari, non piu' di dieci. Di fronte a questo atteggiamento, l'opposizione e' partita all'attacco: secondo il segretario del Pd Bersani, se davvero i leghisti no si faranno vedere, Berlusconi dovrebbe ammettere la fine della maggioranza. ''Berlusconi ha giurato sulla Costituzione e sulla bandiera - dice Bersani - e dunque se un partito della sua maggioranza non viene in Parlamento deve dire che la maggioranza non c'e' piu' ''. Duri anche D'Alema e Veltroni: secondo quest'ultimo, se i ministri leghisti diserteranno dovrebbero immediatamente rassegnare le dimissioni. Il conteggio dei leghisti assenti rischia cosi' di monopolizzare l'attenzione sulle celebrazioni a Montecitorio. Nel Pdl l'imbarazzo e' palpabile: qualcuno confida in un ordine di Bossi che eviti l'incidente, ma i piu' sono rassegnati. Per questo il ministro La Russa, coordinatore del Pdl, prova a ridimensionare la portata del possibile sgarbo del Carroccio: ''Non c'e' obbligo di presenza, ma c'e' obbligo di rispetto'', dice allargando le braccia. I leghisti, comunque, non saranno gli unici a non presenziare alle celebrazioni: tra gli assenti, anche il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, che intende cosi' protestare, a quasi due anni dal sisma, per i ritardi nella ricostruzione della sua citta', ''un pezzo d'Italia abbandonato''.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/03/15/visualizza_new.html_1555215637.html |
Venerdì 31 Dicembre 2010 14:02 |
Non vogliamo entrare nel merito degli avvenimenti di questi giorni. I salernitani sanno che esiste un progetto termovalorizzatore, e che la delicatezza del progetto e delle conseguenze positive e negative avrà effetti importantissimi sul futuro della Provincia, in primo luogo, ma anche sulla annosa questione rifiuti. La delicatezza riguarda anche il giro di affari, gli equilibri con la malavita, il rischio che Salerno diventi centro di interessi di natura poco chiara coinvolgendo così tutto il tessuto sociale circostante. Sembrerebbe facile conseguenza che i nostri amministratori gestissero il progetto con la massima cautela, dimenticandosi di essere 'solo' politici e lavorando insieme perchè tutto funzioni in modo perfetto. Ed invece, le uniche informazioni di questi giorni parlano di denunce, di indagini delle procure, di magistratura, di varianti alla destinazione dei suoli del bacino termovalorizzatore. Tutto questo spaventa, per diversi motivi. Ma il motivo forse piu' importante è che, in questo clima, noi cittadini non siamo piu' tanto certi che i nostri amministratori faranno la cosa giusta per la comunità, ma quella per vincere la propria battaglia politica e personale. |
|