L’attesa per il discorso che il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà, movimento politico formato dagli espulsi dal PDL, avrebbe dovuto tenere a Mirabello (Ferrara) nell’ambito della Festa del Tricolore, è finalmente finita. Ieri pomeriggio, infatti, quello che fu il successore di Almirante ha espresso le sue ragioni e le sue idee, insomma la sua politica, dal palco del centro emiliano, con uno stile e una sobrietà, una fermezza e una chiarezza, che molto ricordano i discorsi del suo predecessore. Chi si aspettava delle importanti novità è rimasto, però, deluso: nulla di diverso da quanto già manifestato nel passato più prossimo da Fini e da i suoi fedelissimi. L’espulsione dal PDL, definita “un atto illiberale e autoritario degno del peggior stalinismo”, la campagna scandalistica messa in atto da alcuni giornali di proprietà della famiglia del premier, l’approdo a un federalismo solidale, la riforma della legge elettorale, la ricerca di un patto di legislatura senza ribaltoni sono stati i temi nodali del discorso del Presidente della Camera, temi enumerati ed esplicati nella direzione che un po’ tutti si sarebbero aspettati. Da un punto di vista politico sembrerebbe, quindi, che la grande attesa per il discorso di Fini sia stata troppo ed inutilmente enfatizzata; nulla di più falso. Politologicamente parlando, infatti, il vero evento è che non c’è nulla di nuovo: parte del mondo politico si aspettava o una mano tesa nei confronti degli alleati di governo (ed ex compagni di partito); un’altra parte, invece, si aspettava un qualche anatema contro Berlusconi e contro il governo, chiari segni di possibili alleanze alternative con centristi o sinistra. Nulla di tutto ciò. Fini resta nel suo ambito di centrodestra, un centrodestra conservatore ma liberale, che fa propri il rispetto e la fiducia verso ognuno dei tre poteri occidentalmente indipendenti, che crede nella politica come confronto ed espressione di tutte le posizioni, e non solo quella del “caro leader”, che ritiene suo dovere servire lo Stato e non trattarlo come una azienda controllata (“Governare non può mai, in alcun modo, significare comandare”). Anche nelle reazioni al discorso di Mirabello, ovviamente, contrastanti, non è possibile cogliere alcuna novità significativa: il PDL, tramite Cicchitto, critica l’antiberlusconismo di Fini, auspicando che Futuro e Libertà si impegni a sostenere il governo senza logorarlo. Sulla stessa lunghezza d’onda Bossi che stasera incontrerà Berlusconi. Il PD, tramite il segretario Bersani, annuncia la fine del berlusconismo, mentre i centristi con Casini si riconoscono pienamente nelle parole espresse dal Presidente della Camera. Di Pietro (IDV), invece, pone Fini davanti un bivio: o con o contro Berlusconi. La vera partita, adesso, si giocherà in Parlamento dove, accordi programmatici sbandierati a parte, ogni mozione, ogni emendamento, subirà l’attento vaglio dei gruppi di Futuro e Libertà, con il governo, stretto dal giogo delle elezioni anticipate, ed appeso ad un filo sottile di maggioranze a termine, allargate, temporanee, trasversali o mancate. Scenari che difficilmente qualcuno avrebbe paventato quando, fatta la conta all’indomani delle elezioni, Berlusconi godeva della maggioranza parlamentare più ampia della storia della Repubblica. Ernesto Natella
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